Settembre con la fine delle ferie segna il tempo dei nuovi progetti professionali, pianificati, desiderati o semplicemente solo sognati. Tuttavia le opportunità arrivano davvero: si comincia con la telefonata di…
E’ un buon periodo per chiedere un mutuo-casa. La BCE ha portato i tassi a zero, le banche hanno montagne di soldi da prestare all’economia reale e per guadagnare qualcosa…
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Se stai valutando una nuova offerta di lavoro chiuditi in una stanza e rifletti approfonditamente su questi 6 punti: 1) Il nuovo lavoro ti darà l’opportunità di imparare qualcosa di…
Il jobs act, “il posto” e il lavoro di qualità
Il governo ha scommesso moltissimo sul jobs act e sull’ormai famigerato contratto a tutele crescenti. L’idea che sta dietro al contratto è all’apparenza ragionevole: le aziende che competono senza paracadute nel mondo globalizzato non possono permettersi matrimoni con i dipendenti “fin che morte non ci separi” e dunque i rapporti di lavoro vanno risolti senza traumi e con un bell’indennizzo. Se creiamo un contratto a tempo indeterminato con una “exit strategy soft”, dice il governo, cadono gli alibi dei datori di lavoro che dunque potranno rinunciare a tutte quelle forme contrattuali ibride (co.co.co, co.co.pro., somministrazione, partita IVA, ecc.) con cui si erano ingegnati per evitare l’art 18.
Il governo ci ha creduto tanto che ha messo sul tavolo qualche (è ancora difficile capire bene quanti a operazione conclusa) miliardo di euro: All’imprenditore che assume “a tutele crescenti” sgravi irap e decontribuzione per 3 anni fino a 8000 euro l’anno.
Fin qui tutto chiaro. Sono fiorite mille polemiche che riassumo così: