Da anni si parla di riforma del lavoro nella pubblica amministrazione e da anni si dice che le parole d’ordine devono essere merito ed efficienza.
Merito significa che chi lavora nella PA può guadagnare bene e fare carriera solo se si dimostra bravo, e non per altri motivi.
Efficienza significa che nella PA, nell’interesse del cittadino contribuente, si lavora tanto e bene perché tutti vengono chiamati ad impegnarsi al 100% e tutti sono addestrati nel miglior modo possibile.
Adesso che una riforma della PA è arrivata finalmente al traguardo ci troviamo di fronte alla domanda di sempre: la riforma Madia porta nella PA merito ed efficienza?
Ci sono due risposte. La prima che si fonda sull’analisi fattuale è “non si sa”. La seconda che si basa sul “sentimento” è “probabilmente no”.
Perché mi permetto di liquidare una riforma così articolata con un giudizio così tranchant?
Perché tutto è legato ad un interrogativo molto semplice: sono stati definiti gli indicatori di performance che ci diranno chi è bravo e chi non lo è? C’è un metro oggettivo che ci dice che l’impiegato Ciccio nella sua mansione è stato più bravo del collega Peppino? Da quello che ci risulta questi indicatori oggettivi di performance su cui far poggiare retribuzioni, incentivi, progressi di carriera, penalizzazioni, percorsi di formazione ad hoc ancora non ci sono.
Forse compariranno in qualche decreto attuativo, in qualche circolare, ma al momento non ci sono. Tutto nasce da qui.
Nel dibattito sulle riforme della pubblica amministrazione, della scuola e dell’università ci si concentra sempre sul “come” si valuta e su “chi” valuta ma non si arriva mai a definire in modo tassativo “cosa” si valuta. C’è un motivo ovviamente: nessuno ama essere valutato/giudicato. Se non c’è il metro non sarò misurato. Quindi faccio di tutto per delegittimare il metro. Ecco perché gli indicatori di performance oggettivi vengono sistematicamente stroncati (“è un parametro che non dipende da me”, “il mio lavoro è più complesso”, “bisogna considerare anche altre variabili”, “non mi fanno gli strumenti per” ecc.).
Alla fine tragicamente si finisce per creare dei meccanismi in cui o non si valuta (tutti promossi, premio a tutti, todos caballeros), oppure in cui si valuta in modo del tutto discrezionale e soggettivo. In entrambi i casi il merito e l’efficienza vanno a farsi benedire.
Purtroppo invece la verità banale e semplice è che se in una organizzazione non ci sono indicatori di performance oggettivi e misurabili non c’è spazio per merito ed efficienza, punto e basta.
Ecco perché il mio sentimento rispetto a questa riforma è di scetticismo. una riforma che si chiude politicamente 4 giorni prima del referendum, con un accordo con i sindacati in cui si dice che i dettagli del sistema di valutazione saranno lasciati alla negoziazione dei contratti collettivi è una riforma che nasce male: se a scuola il professore lasciasse a voi la definizione dei criteri di valutazione per l’esame cosa fareste?
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