Il governo Renzi nel 2016 ha istituito il bonus cultura: a ciascuno dei 577000 italiani che diventano maggiorenni 500 euro per i “consumi culturali” (libri, mostre, musei, ecc.). Costo dell’operazione per le casse dello stato circa 288 milioni di euro.
La macchina di erogazione del bonus si è messa in moto da poco ma la stampa (http://bari.repubblica.it/cronaca/2016/12/30/news/bari_furbetti_bonus_cultura_500_euro_libri_a_meta_prezzo_nel_mercato_virtuale-155101698/) ha già riportato notizia dei primi problemi: sulle chat private e sui social i diciottenni rivendono i bonus cultura. L’accordo è semplice. Tu scegli libri per un controvalore di 500 euro. Mi dai 250 euro e io compro col mio bonus i libri che mi hai ordinato. Tu compri con uno sconto di 250 euro, io trasformo il bonus in 250 euro di liquidità.
E’ illegale? Credo di si, ma cosa ci potevamo aspettare da un meccanismo congegnato così male?
Se si vuole promuovere lo sci, si investe sui corsi di sci, non si regalano sci. Se non so sciare o non mi piace sciare è chiaro che rivenderò gli sci che mi hanno regalato.
Fuor di metafora se il governo vuole incentivare i consumi culturali deve lavorare sul “desiderio di cultura” e sulla capacità di “consumare cultura”. Ci sono due luoghi deputati a questa missione: la famiglia e la scuola.
Se i professori non mi trasmettono passione e interesse per il sapere, il bonus mi fa lo stesso effetto di una bottiglia di vino per un astemio. Idem se i miei genitori ricordano con angoscia i loro lontani giorni di scuola e comprano libri con la stessa frequenza con cui cambiano l’auto.
I 288 milioni dovevano essere investiti in efficienza scolastica/educativa in un paese che ha ritardi clamorosi: su 100 euro di spesa pubblica in Italia ne spendiamo meno di 8 in istruzione (la media europea supera i 10 euro). I risultati si vedono: solo 1 under 34 su 4 è laureato (la percentuale più bassa d’europa) e abbiamo un tasso di abbandono scolastico vicino al 15% (ben al di sopra della media europea).
Purtroppo per non sprecare soldi pubblici occorrerebbe che i governi investissero in una prospettiva di lungo termine. La politica invece ha bisogno per alimentare il consenso di tempi brevissimi. Quindi meglio 288 milioni in un bonus oggi (magari per comprare un libro di ricette o la biografia di un calciatore) che una qualsiasi buona regola di efficienza scolastica (magari a costo zero) che produce risultati tangibili tra 5 anni.
E pensare che nel ’69 la RAI trasmetteva in prima serata I fratelli Karamazov con una media di ascolto di 15 milioni…Altri tempi davvero.
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