Il valore aggiunto è quel pezzettino di valore che ciascuno di noi aggiunge nel confezionamento di un prodotto o servizio. Dentro questo concetto di business c’è la bussola per orientarsi nel mondo del lavoro.
Abbiamo mai sentito qualcuno dire che frequentava un ristorante con assiduità per via di un bravissimo lavapiatti capace di lavare i piatti in modo speciale e di assicurare così igiene e gradevolezza ai piatti? Probabilmente no. Qualche volta abbiamo sentito dire che un ristorante meritava particolare attenzione grazie alla professionalità e alle capacità comunicative del maître. Più spesso abbiamo sentito parlare bene di un ristorante per via della qualità dei piatti creati dallo chef. Quasi sempre il contributo dello chef al valore “consegnato” al cliente finale (il valore aggiunto) è più alto di quello del maître e sicuramente è sempre più alto di quello del lavapiatti. Da qui la differenza di responsabilità, prestigio e compensi.
Dovremmo valutare la propria attuale condizione lavorativa o i suoi progetti professionali futuri alla luce di questa lettura del valore aggiunto: Quanto e in cosa il consumatore, il cliente, l’”utente finale” è “impattato” dal mio specifico e personale contributo? Rispetto a questa domanda tutti noi tendiamo ad essere piuttosto indulgenti con noi stessi: “sebbene io sia solo un operaio se faccio male il mio lavoro la lastra di alluminio perde qualità e la soddisfazione del cliente ne risente”, oppure “sebbene io sia solo un infermiere se preparo male una flebo il paziente potrebbe morire”. Queste risposte non fanno una piega ovviamente. Se il prodotto consegnato al cliente è un minestrone anche il minimo errore sul più piccolo degli ingredienti influenza in modo decisivo la qualità del minestrone.
Tuttavia il tema del valore aggiunto si può cogliere nella sua interezza solo se la prima domanda viene integrata da una seconda domanda: Quanto il tuo contributo personale è unico e insostituibile in quanto frutto del tuo unico mix di competenze, esperienze, sensibilità, valori? Siamo sicuri che operaio e infermiere sarebbero imbarazzati da questa domanda. Il direttore della fabbrica e quello dell’ospedale sarebbero invece più tranchant: “posso trovare un’altra persona che fa buone lastre di alluminio o che prepara bene le flebo in 5 minuti”. Se i due direttori dicono il vero il valore aggiunto (e con esso stipendio e potere negoziale) professionale di operaio e infermiere precipitano. Accadrebbe lo stesso anche se la risposta fosse “non riesco a trovare sostituti, ma con la tecnologia quel lavoro lo può fare tranquillamente una macchina ben progettata”.
Questa è la chiave di riflessione che dobbiamo assolutamente padroneggiare. Quanto più il nostro contributo è sostituibile (dalla tecnologia o da altri lavoratori concorrenti) tanto più fragile è la nostra posizione professionale.
Be First to Comment