Tutta Italia sta scoprendo in queste ore cos’è Foodora, un servizio di consegna a domicilio di cibo di qualità.
I clienti si registrano online o con una app, consultano un menu, ordinano il cibo e dall’altro capo del web un ciclista in divisa vede illuminarsi il suo smartphone con il nome del ristorante dove ritirare il pasto e l’indirizzo dove consegnarlo.
Foodora in Italia si avvale di circa 900 giovani ciclisti (chiamati “rider”) tra Milano e Torino. Guadagnano ormai solo a cottimo meno di 3 euro a consegna, hanno dei contratti co.co.co con le garanzie contrattuali, assistenziali e assicurative che immaginiamo (quasi nulle).
I “rider” di Foodora non sono diventati famosi in questo giorni perché hanno scioperato, ma perché hanno realizzato il primo significativo sciopero in Italia nella cosiddetta “Sharing Economy”, la nuova frontiera della condivisione di beni e servizi attraverso piattaforme digitali. Tre riflessioni ciniche e amare:
1) Perché Foodora viene considerata un’azienda che opera nella sharing economy? Un conto è condividere il proprio appartamento (Airbnb), o un posto nella propria macchina (Blablacar), un conto è invece pedalare di sera come dei pazzi per consegnare hamburger a domicilio. Nei primi due casi abbiamo una persona che condivide qualcosa di inutilizzato di sua proprietà, nell’ultimo caso invece una persona che “condivide” la propria fatica e i propri muscoli. Non mi sembra la stessa cosa.
Sociologi e giuristi devono quindi assolutamente individuare il punto di distinzione sostanziale tra “sharing economy” e “gig economy”, l’economia dei lavoretti malpagati e superprecari (che per inciso entrano nelle statistiche sventolate dai politici di tutto il mondo come “posti di lavoro”).
2) Non credo che lo sciopero di Foodora approderà a grandi risultati. Se comincerà a pagare decorosamente i suoi “rider” Foodora uscirà dal mercato perché ci sarà sempre un concorrente più spregiudicato che troverà qualcuno disposto a sfrecciare per meno di 3 euro a consegna. E’ la competizione, bellezza! Se la accettiamo (ammesso e non concesso che sia giusto) dobbiamo accettare la dura legge del mercato: oggi le persone vengono pagate solo per il valore aggiunto che creano.
E un fattorino (perché questo e’ un “rider” di Foodora) offre un servizio di valore aggiunto tendente a zero, ampiamente disponibile sul mercato e perfettamente sostituibile senza costi (tutti sanno andare in bicicletta, tutti hanno uno smartphone, tanti hanno voglia di arrotondare usando semplicemente i propri polpacci).
3) Se il mondo gira così allora i giovani saranno costretti d’ora in avanti a “scegliersi il lavoretto giusto”. Ha senso davvero rischiare le ossa e fare fatica per guadagnare a cottimo circa 5 euro all’ora? Per imparare cosa? Se vendo porta a porta imparo a vendere, ad ascoltare un cliente, a gestire le sue obiezioni.
Se aiuto un meccanico di biciclette o poto un giardino mi costruisco una competenza tecnica.
Se invece raccolgo pomodori o consegno merci sono semplicemente un corpo che compie un’azione che potrebbe compiere chiunque. Sta lì la radice dello sfruttamento.
Ci salverà la tecnologia. Quando tra poco i droni consegneranno il cibo di Foodora i ragazzi che potranno permetterselo preferiranno rinunciare a 100 euro al mese pur di studiare qualche ora in più, perché solo lo studio, tanto studio, li salverà.
Be First to Comment