Lavoro agile, lavoro in mobilità, Smart working. Modi diversi per descrivere un organizzazione in cui i dipendenti possono ottenere di lavorare da casa propria quando ne hanno bisogno, ma anche organizzazioni in cui non esiste il concetto di “tua postazione”, in cui ti siedi a lavorare dove ritieni, nella tua sede di lavoro o in altre strutture messe a disposizione dall’azienda. Si lavora da casa, si lavora in mobilità.
Oggi lo Smart working è una realtà consolidata per tante aziende anche in Italia e da qualche mese c’è anche una legge che lo regolamenta, coprendo i punti finora sospesi dell’assistenza e delle coperture assicurative.
Vincono tutti (sulla carta). Le aziende sono felici perché hanno meno criticità nella gestione del personale, risparmiano spazi (con notevoli risparmi economici), e implementano la cultura del lavoro per obiettivi, responsabilizzando i dipendenti.
I lavoratori sono felici perché migliorano l’equilibrio lavoro-vita privata, e organizzano il proprio tempo in modo più flessibile .
Certo, si tratta anche un po’ di una moda e c’è anche un po’ di retorica markettara. Per questo vale la pena fare gli avvocati del diavolo e sottolineare qualche aspetto critico che chi si occupa di lavoro dovrà tenere monitorato man mano che si diffonderà e si amplierà l’utilizzo del lavoro agile. Non ho certezze e non esistono ancora studi significativi in merito.
Pongo quattro domande, che spero la comunità scientifica di sociologi, psicologi e economisti del lavoro possano col tempo raccogliere:
– Qual è l’impatto dello Smart working sulla concentrazione (e quindi sulla produttività) dei singoli?
– Come si sviluppa la qualità delle relazioni tra colleghi in contesti dove le persone che gravitano intorno a te cambiano continuamente o hanno una presenza fisica molto più intermittente?
– Lavorare in mobilità sotto il pungolo degli obiettivi di performance che impatti genera sui singoli e sui gruppi di lavoro in termini di stabilità emotiva-inquietudine-ansia?
– Lo Smart working fa bene a tutti i ruoli e a tutte le attività di un’organizzazione? I processi creativi e decisionali migliorano o peggiorano?
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