Il dibattito su scuola e lavoro ha le sue “mitologie”. Una delle più consolidate riguarda l’alternanza scuola lavoro.
La vulgata dice:
- I giovani italiani al termine degli studi non hanno la più pallida idea di come funziona la “vita vera” nelle aziende;
- Le aziende hanno difficoltà ad assumere i giovani neolaureati o neodiplomati perché non sono preparati concretamente alle sfide del lavoro;
- I giovani italiani studiano soltanto e non sanno fare niente;
- All’estero (soprattutto il mitico modello tedesco) la scuola insegna “i mestieri” e questo spiega il differenziale di occupazione giovanile tra noi ed altri importanti stati europei;
- Per entrare nel mondo del lavoro bisogna in qualche modo averlo “annusato”, aver fatto esperienza anche solo del “contesto ambientale”.
Siccome queste affermazioni sono considerate verità di fede (e tali sono perché non poggiano su riscontri oggettivi e dunque non sono “popperianamente” falsificabili) la politica si adegua:
Ministri e assessori di scuola e lavoro si sbracciano per vendere le loro conquiste sul tema: “Più alternanza scuola lavoro per tutti”.
Così il nostro governo del fare ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo e qualche mese fa ha varato l’alternanza scuola lavoro obbligatoria: nell’ultimo triennio scolastico 400 ore “on the job” negli istituti professionali, 200 ore “on the job” nei licei.
Premetto che negli ultimi anni amministratori locali, aziende e presidi hanno confezionato progetti di alternanza scuola lavoro meravigliosi dal punto di vista didattico e fruttuosi in termini di ritorno occupazionale.
Ovviamente ci sono anche fior di esempi di segno opposto. Tanta carta di progettazione, un po’ di marketing per la scuola e l’azienda di turno, esperienze di lavoro assolutamente inutili, tanto tempo perso.
Il tema dell’obbligatorietà cambia i termini del discorso. Mettiamo rapidamente in fila alcuni riflessioni di natura organizzativa:
- Qualcuno (nella scuola e nelle aziende) dovrà progettare;
- Qualcuno (nella scuola e nelle aziende) dovrà seguire gli aspetti burocratici e di controllo;
- Qualcuno (nella scuola e nelle aziende) dovrà occuparsi di sicurezza e di trasporti;
- Qualcuno (nella scuola e nelle aziende) dovrà fare da tutor;
- Qualcuno (nella scuola e nelle aziende) dovrà rendicontare;
- Qualcuno (nella scuola e nelle aziende) dovrà inventarsi un raccordo sul progetto “on the job” e l’esame di maturità.
Insomma un enorme sforzo di tempo e di risorse, pubbliche e private (basteranno i 100 milioni annunciati dal governo?). E qui scatta la domanda. Il gioco vale la candela?
Prescindo da riflessioni di equità (lo studente di Crotone avrà le stesse opportunità di fare una bella esperienza di quello di Vimercate?) e vado al punto. Cosa chiede il mercato del lavoro ai giovani? Che sappiano utilizzare un software? Che sappiamo eseguire una determinata attività a regola d’arte? Che sappiano mettere le mani su una certa macchina? No. Questo è ciò che le aziende chiedono alle agenzie per il lavoro, quasi sempre per esigenze di breve termine. Non è ciò che farà la felicità professionale dei nostri ragazzi.
Nell’era della robotica e della competizione mondiale di manodopera questi lavori “di esecuzione” sono approdi instabili, sono l’anticamera della continua precarietà malpagata. I nostri ragazzi troveranno la felicità professionale unendo alle competenze tecniche le competenze soft: pensiero critico, capacità analitiche e relazionali, capacità di decidere, di comunicare, di inventare soluzioni.
Ecco perché una vera riforma di “buona scuola” dovrebbe far saltare la distinzione di sapore ottocentesco tra licei e istituti professionali. Studiare di più, non studiare di meno. Il problema della scuola italiana non è che “c’è troppo studio e poca pratica”, è semplicemente che c’è “cattivo studio”.
Detto in altri termini per le aziende che devono assumere il problema non è l’ignoranza di una norma, di una procedura, di un software. Il problema è trovarsi di fronte a persone che non hanno elasticità mentale, creatività, imprenditorialità. Queste sono competenze che si assimilano in parte sui banchi di scuola studiando duramente e in parte nel corso di esperienze “vere” (gestire un bar, organizzare un evento, vendere porta a porta, raccogliere fondi).
L’alternanza scuola lavoro del duo Giannini-Poletti significherà questo? Non credo. Visto che è un obbligo e che comporta la gestione di numeri enormi (1 milione e mezzo di studenti) diventerà la fiera della burocrazia e operativamente la fiera dell’inutilità: passeggiate al museo, interviste fuffose ai manager, nel migliore dei casi compilazione di file excel e di presentazioni in powerpoint.
Non sarebbe forse meglio usare queste centinaia di ore preziose per insegnare ai nostri studenti a scrivere e comunicare meglio (ricordo che alcune università stanno istituendo dei corsi di italiano per italiani) e soprattutto a conoscere meglio matematica e scienze?
Spero sinceramente di sbagliarmi. Per adesso penso della alternanza scuola lavoro obbligatoria ciò che Fantozzi pensò della corazzata Potemkin: una … pazzesca.
Cher Laurence “d’Arabie”, io stessa sono stata invitata e ricevuta al ministero della cultura dopo avergli inviato il mio progetto scuola, a lungo escogitato e cesellato e ho capito una cosa, sempre o spesso la stessa cosa, che Il problema in Italia, e altrove in Europa, figlia di Fenice, è che la tanto celebrata democrazia è più spesso una chimera. Lo si sa, ove non vi è meritocrazia vi è solo oligo-plutocrazia e oggi ancor più di prima, mi creda che se ne dica, se mi capisce come so mi capirà. Allora cominciamo a definire cosa è una Res-publica democratica a scuola e a chi lavora, cominciando a (ri)leggere “Πολῑτεία” di Platone, tradotto in Repubblica, la quale è e ha fatto Scuola, sarebbe di sicuro un buon inizio questo ritorno a questo passato aureo, che ha lasciato più di un nome noto dopo, e cito: “TUTTO SCOPPIERA’ UN GIORNO GRAZIE ALL’ISTRUZIONE” Emile Zola
Ma giacché io non mi illudo, citerò l’Inferno Dantesco: LASCIATE OGNE SPERANZA, VOI CH’INTRATE”.!
A lei, Lorenzo il Magnifico, eudaimon espera. monique
Grazie Monique,
“TUTTO SCOPPIERA’ UN GIORNO GRAZIE ALL’ISTRUZIONE” mi sembra una frase che dice tutto, potentissima.
A presto
Lorenzo
Bonjour, Laurence, dunque partendo da questa frase e ben sapendo che solitamente chi governa e chi fa affari amano essere “liberi” e fanno di tutto per lasciare il volgo nel fango quindi analfabetico, tranne in qualche periodo, raro, d’oro, vogliamo FARE affinché ognuno oltre al suo pane quotidiano, abbia anche il diritto al sogno e a sperare di essere pure lui libero e se no fuori, essere ricco dentro, tra l’altro è più sicuro, mon ami, Lorenzo? Belle journée, e la saluto con Jules Verne che adoro: “TUTTO QUELLO CHE E’ STATO FATTO DI GRANDE IN QUESTO MONDO, E’ STATO FATTO IN NOME DI SPERANZE ESAGERATE.” Allora esageriamo! monique
“
PS: Semmai, mon ami, volesse lasciarmi il suo e.indirizzo privato, al mio e.indirizzo già in mano sua, le invierò il mio progetto scuola per il quale sono stata invitata a Roma e che riconoscerà Stia tranquillo, Laurence, l’ho inviato in ogni ufficio e oramai partecipa del pubblico dominio, ma, ma solo chi inventa un progetto sa come metterlo davvero in atto così come lo ha sognato e sperato!
Buongiorno Monique,
può scrivermi su info@lorenzocavalieri.it o su l.cavalieri@sparringroup.com
Grazie
L.
Merci, Laurent, mon ami italiano, e tosto lasciato questo suo “Web logo”, passo in un balzo al suo altro luogo di certo meno esposto al vento ma non meno etereo. Hasta Luego, Lorenzo e ad adesso! monique
Con il suo tacito consenso, mon ami Laurent, e nel frattempo, le dico che non condivido affatto ciò che ha scritto e cito exactement:
“Non sarebbe forse meglio usare queste centinaia di ore preziose per insegnare ai nostri studenti soprattutto a conoscere meglio matematica e scienze?”
Fu Talete di Mileto, Filosofo a “inventare la matematica. Fu Pitagora, Filosofo a scoprire il tanto noto teorema, e non per economia di tempo, ovvio! La scienza, la matematica è nata dalla bellezza e dall’intelligenza del poeta dell’antica Grecia e a ragion veduta.Qualunque genio matematico, fisico, letterario e quant’altro, da Copernico, Newton, Fermat, Kepler, Albert Einstein, Sigmund Freud, Victor Hugo, Michelangelo, e, e… hanno studiato, tutti nessun escluso il greco antico e la filosofia e la Bibbia e non soltanto quel che passa la mensa oggigiorno. Con rispetto parlando, Lorenzo, torniamo al passato per il progresso! monique
Vede, Lorenzo, lei parla di insegnare di nuovo a parlare e scrivere bene l’italiano all’Italiano, ma lei stesso usa più spesso la lingua non d’oc, di certo, e non ad hoc, purtroppo, la lingua del Regno Unito. Non pensa di essere un po’ contraddittorio con se stesso nonché con il suo prossimo? Last but not least! il suo ‘Web logo’ è un tantino fiacchetto, dinamiziamolo, diniamoziamolo è un gioco che giova molto come per un bambino curioso che gioca, serio, tuttavia. Bella serata. monique